Chiesa di San Cristoforo
All’inizio del VII secolo, San Colombano, proveniente dalla natia Irlanda, giungeva in Italia alla corte longobarda.
A Bobbio, nel piacentino, fondava un monastero ottenendo vasti possessi in Val Taro e fra questi la “Curtis Turris cum appenditiis suis” uno dei più cospicui possedimenti di quel monastero immune.
La chiesa di San Cristoforo, posta nel contesto della Curtis Turris che gli studiosi situano in Val Vona, fu certamente fondata dai monaci bobiensi e rappresentò un punto di riferimento per i viandanti che dalla pianura, attaverso il monastero longobardo di Gravago e il passo del Borgallo, si recavano a Pontremoli e da lì a Lucca e Roma.
I Longobardi non mancarono di favorire il sorgere di queste strutture che accanto alla funzione religiosa avevano anche quella di costituire un sistema di punti forti, sui quali fare affidamento in caso di conflitti con i Bizantini che tenevano saldamente il vicino versante ligure.
E’ da ritenersi quindi che, accanto alla chiesa, possano essere state presenti strutture destinate al ricovero e ristoro dei pellegrini e dei viandanti in genere.
Non va dimenticato, poi, che immediatamente a monte e a valle della chiesa si trovano resti di fortificazioni di fine alto Medioevo, che possono essere state erette su precedenti costruzioni.
In una memoria scritta su un registro parrocchiale (ca. 1840) si legge che la chiesa subì un intervento di restauro nel 1017 per ordine di Plato Platoni, feudatario della zona.
Si sa per certo che sul vecchio campanile, quasi interamente demolito nel 1780, vi era una campana con la scritta Joannes me fecit - 1370, particolare riferito anche dal Boccia (1804).
L’attuale elegante campanile venne eretto (o ricostruito) nel 1833 e la campana andò distrutta nel 1856, come testimoniato da G. Battista Stefanini, tesoriere pro tempore della chiesa.
Quest’ultimo in una sua memoria scrive che all’interno della chiesa vi erano due pietre sulle quali erano scolpiti il sole e la luna, anch’esse distrutte nel 1833 perchè ritenute in qualche modo legate “al culto degli Idoli, all’Idolatria, ai falsi Dei”. Esiste tuttora, in un cassettone posto nell’abside, un blocco quadrato in pietra con un bassorilievo raffigurante un capro dalle lunghe corna.
Tali simboli sopra descritti hanno portato alcuni ad affermare che la chiesa esistesse come tempio pagano prima ancora della evangelizzazione del territorio.
La chiesa attuale, inserita in un paesaggio che alla severità delle rocce e degli strapiombi unisce la serenità e la dolcezza dei verdi pendii alberati e prativi, ha la forma rettangolare, con qualche lesena all’esterno e all’interno. La parte absidale, con volta a botte, forma con la navata una specie di arco trionfale.
Non è da escludere che l’impianto odierno derivi dall’ampliamento di una precedente costruzione.
I lavori di restauro, tuttora in corso (1997), hanno messo in luce un tumulo comune e un’interessante sepoltura situata nell’abside.
Uno scavo archeologico in corso si spera possa portare nuovi elementi che permettano di ricostruire la storia di questa chiesa che è senza dubbio la più antica del territorio comunale e che possiede una sua bellezza che nettamente la distingue dalle altre.
Documento pubblicato
grazie alla concessione
e alla collaborazione
della Comunità Montana
delle Valli del Taro e del Ceno
Illustrazione di Paolo Sacchi
www.sakai.dk