Il crinale dell’Appennino, nel comune di Albareto, è interessato da formazioni arenacee del tipo di M. Zatta, formata da arenarie quarzoso-feldspatico micacee risalenti al Cretacico. Interessanti le tracce glaciali del M. Gottero, con morene, massi erratici, circhi glaciali. La Val Gotra, dal fondo valle sino al passo della Cappelletta di Montegroppo attraversa dolci versanti collinari appartenenti al cosiddetto “complesso caotico”, argille di varia origine, poi,in un tratto spettacolare per le numerose cascate e marmitte fluviali, si restinge sotto un ripido versante costituito da “Marne di Civago”. Dalla Cappelletta al Cento Croci il crinale è piano, dai dolci versanti, formato da argille con intercalazioni di rocce calcaree. Subito dopo il passo è da segnalare la formazione di arenaria “macigno” del M. Zuccone, una finestra tettonica caratterizzata da begli esempi di olistotromi. I pascoli di crinale si estendono sulla vetta del M. Gottero e dal Passo della Cappelletta al Passo di Centocroci. Brughiere molto dense a Calluna vulgaris o a Erica herbacea (= E. carnea) o, insolitamente in quanto esigenti condizioni opposte di acidità, tutte e due le specie contemporaneamente, ricoprono i versanti dell’alta Val Tarodine, spesso intervallati da boschetti di betulle (Betula alba) che donano alla zona un aspetto di taiga nordica.Sul M. Gottero, tra le rocce che interrompono le aree prative, vegeta la rara Genista saltzmanni, una ginestra spinosa endemica di Sardegna e Corsica e con poche stazioni anche sull’Appennino ligure. Un oceano di alberi, senza soluzione di continuità, ammanta i versanti della Valle del Taro e dei suoi affluenti. All’interno della flora erbacea ricordiamo solo le specie più vistose come i gigli, di S. Giovanni e martagone, l’acanto, la genziana di Esculapio, la scilla bifolia, il veratro, il sigillo di Salomone erticillato; esclusiva del M. Gottero è la grande Cicerbita alpina. Nelle faggete si aprono radure occupate da zone umide, le torbiere. Coperte da tappeti di muschi del genere Sphagnum, troviamo piante particolari adattate a suoli poveri di azoto e a reazione molto acida: la viola palustre, la parnassia, alcuni eriofori, l’orchidea Epipactis palustris e la singolare Drosera rotundifolia, una pianta insettivora dalle minuscole dimensioni. Al di sotto degli 800 metri, il faggio cede all’avanzata delle piante delle quote inferiori, castagno e querce. I querceti sono costituiti da cerro su terreno argilloso e roverella su terreno calcareo. Spesso accompagnati da carpino nero, biancospino, nespolo, prugnolo, pero selvatico, acero campestre, sono habitat di moltissime orchidee come Orchis purpurea, O. morio, O. ustulata, O. provincialis, Ophrys bertoloni, O.sphegodes..
Meno evidente ma non meno ricca della flora, la fauna di queste zone non è però altrettanto ben conosciuta: a parte i vertebrati poco si sa su insetti, ragni, molluschi ed il resto degli animali minori, di cui ricordiamo solo il lepidottero Parnassius mnemosyne del M. Gottero e il crostaceo Astropotamobius palliens, il gambero dei ruscelli di montagna. Ancora negli anni ’70, le Valli del Gotra e del Tarodine erano considerate le roccaforti della lontra nel Parmense: oggi purtroppo il mustelide pare completamente stinto.
Storia a lieto fine per un’altra specie a lungo perseguitata: oggi il lupo, pur senza essere stanziale, percorre frequentemente questa zona come testimoniano le tracce che facilmente si rinvengono quando il suolo è innevato. Sue prede sono i cinghiali, comunissimi, il daino e il capriolo che si stanno diffondendo in questi anni. Cicogna bianca e cicogna nera, durante i passi, preferiscono il greto ampio del T. Gotra, così come il falco pescatore. L’aquila compare tutto l’anno, ma non nidifica per la mancanza di siti iproduttivi. Il corriere piccolo e il piro piro piccolo nidificano nei greti. Il colombaccio segna l’autunno con il suo abbondante passo, mentre la tortora comune nidifica al argine dei boschi di quercia. L’allocco e la civetta sono molto comuni. Tra i rettili non molto comune è la vipera, spesso confusa col colubro liscio (Coronella austriaca) e col colubro di Riccioli (C. girondica). Tra gli anfibi urodeli (con la coda) la più diffusa è la salamandra, gialla e nera, comune nei boschi ma osservabile solo durante le piogge, quando esce dai nascondigli. Per i pesci, oltre alla trota, simbolo di questi torrenti, sono presenti il vairone, la lasca, la sanguinerola, il cavedano, il cobite, il barbo e il barbo canino. Nelle acque basse, dove c’è un po’ di sabbia e sassi per nascondersi, vive il ghiozzo padano (Padogobius martensi), endemico del bacino del Po.
Documento pubblicato
grazie alla concessione
e alla collaborazione
della Comunità Montana
delle Valli del Taro e del Ceno
Illustrazione di Paolo Sacchi
www.sakai.dk
Museo Renato Brozzi
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