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La Magica e rugiadosa notte di San Giovanni

Tortelli_erbettaLa notte del 23 Giugno è la notte magica per eccellenza. Si fondono insieme, infatti, antichissime tradizioni popolari e profondi significati esoterici e religiosi per il fatto che, la ricorrenza di San Giovanni, è legata al solstizio d'estate corrispondente a quello d'inverno che si ricorda a Natale. In concomitanza con il solstizio estivo, quando il sole raggiunge la sua massima declinazione positiva per poi riprendere il cammino invernale, ha inizio l'estate, quindi, San Giovanni, è la festa solare per eccellenza, la vittoria schiacciante della luce sulle tenebre, del bene sul male. Ma la spiegazione più chiara ed eloquente sull'importante e significativa situazione astrale la fornisce Maria Castelli Zanzucchi, scrittrice, studiosa di tradizioni nonchè autrice di interessanti pubblicazioni.

"Il sole raggiunge il 23 Giugno il punto più alto: è sapere comune che la notte di San Giovanni è il tempo in cui i pianeti ed i segni zodiacali concorrono a caricare di virtù le pietre e le erbe. E' una notte magica, la notte dell'impossibile, dei prodigi, degli inganni, degli influssi malvagi e delle streghe".

parmigiano-reggiano-1A Parma e nel parmense le tradizioni d'la rozäda äd San Zvan non si contano: dalle più note, come quelle gastronomiche che vogliono in tavola i tradizionali tortelli d'erbetta, a quelle meno note, le cui origini si perdono nella notte del tempo. Ma se i tortelli, a Parma e nel suo contado, sono rigorosamente confezionati con un "magico" ripieno di ricotta, erbette, una sapiente spruzzata di noce moscata, il tutto abbracciato da una sfoglia gialla e sostanziosa tirata a mano, frutto di un impasto di acqua e farina e freschissime uova di gallina di pollaio e non di batteria, in montagna i tortelli prevedono un ripieno diverso composto, sempre di ricotta, alla quale le rezdore montanare aggiungono punte di ortiche novelle e patate per renderlo morbido e vellutato. Un'altra differenza tra i tortelli "cittadini" e quelli "montanari" è la "coda di pasta": i primi la prevedono, i secondi no. Burro e formaggio Parmigiano (preferibilmente di collina e di vacche rosse) esaltano questi capolavori gastronomici dell'estate parmigiana che vanno rigorosamente gustati coi piedi sotto la tavola all'aperto, preferibilmente, tempo permettendolo, sotto un fronzuto bersò alla confidenziale luce di sconnesse lampadine sulle quali vanno a sbattere le farfalle della notte. In caso di maltempo la tradizione vuole che si festeggi San Giovanni sotto il porticato, oppure nell'andito della casa di campagna, come si faceva un tempo, a patto che si lasci la porta aperta per favorire i benefici influssi rugiadosi.

rugiadaPer quanto concerne le tradizioni della notte magica del 23 Giugno non c'è che l'imbarazzo della scelta. Esaminiamo dunque tutte quelle che abbiamo potuto catalogare sulla base di approfondite ricerche e testimonianze rese da alcuni vecchi della bassa, della pedemontana e della montagna.
La notte di San Giovanni, dunque, è definita anche "notte delle streghe" che la tradizione vuole vedere danzare sotto un noce (pare che in lunigiana nella Valle del Taverone, ancor oggi le streghe effettuino il loro sabba attorno alla secolare quercia di Morian ad un tiro di schioppo dalla Pieve di Venelia). E' la notte dei falò che i nostri vecchi accendevano per perpetuare un rito magico interpretato da alcuni studiosi come magia purificatrice atta a scacciare i demoni e le forze occulte della natura. La terra si imbeve di strani influssi, le erbe medicinali, madide di rugiada, acquistano maggiore efficacia e la vite rende agli acini dei grappoli, si dice, la prima goccia di succo. Il Felce maschio, ad esempio, nella notte di San Giovanni fiorisce e sfiorisce per il fatto che a mezzanotte lascia cadere il proprio seme e, chi lo trova, sarà fortunato e rinverrà, chissa dove, un prezioso talismano. Il Prezzemolo bollito e messo in infusione preserverà dall'invidia, dalla stregoneria e dal malocchio. Le ragazze, per trovare l'amore, dovevano, sempre nella notte solstiziale, strofinare sulla Mentuccia dei campi, la parte più intima del corpo. I Contadini, dal canto loro, erano fermamente convinti che inumidendosi il viso con le foglie di Tarassaco, imbevute di rugiada, avrebberero combattuto i malanni. Anche le rezdore custodivano i loro segreti. Infatti, usavano esporre, quella notte, le coperte e gli abiti dei congiunti che avevano più cari onde preservare gli abiti dalle tarme e le persone dalle sciagure. La rugiada ed il clima purificatore della notte äd San Zvan servivano a rendere più bianca la tela che veniva stesa sull'erba. Sempre il 23 Giugno si cavava l'aglio e lo scalogno che venivano stesi nell'orto perchè la rugiada potesse irrorarli e quindi preservarli dal marciume, come pure le noci per fare il balsamico nocino venivano spiccate nel cuore di questa magica notte padana unitamente ai perèn äd San Zvan: perine gustosissime che, se non raccolte nella notte solstiziale, "fanno il bego" come si usa dire nel linguaggio agreste.

ErbarioL'usanza e la pratica di raccogliere erbe e frutti nella notte di San Giovanni è ancor oggi in uso in qualche zona della campagna e della pedemontana ricalcando antichissime tradizioni. Ed allora, con l'intento di preparare un herbario solstiziale estivo, si possono raccogliere l'artemisia (cintura del diavolo) che ha il potere di rendere fertili, l'iperico (scacciadiavoli) ritenuto potentissimo contro i malefici ed il malocchio, la camomilla (da raccogliere con la mano sinistra facendo attenzione che i fiori non tocchino terra), la malva e la ruta (che preservano dal malocchio bambini e giovani coppie di sposi), la savina perché ricca di virtù curative, il ranuncolo doppio (pè d'oca) per impacchi contro le vesciche, la chelidonia maggiore (erba sardogna) il cui lattice giallognolo era efficacie per estirpare verruche e fare cadere denti doloranti, il camedrio (erba ed cursola) dalle proprietà diuretiche depurative, il semprevivo dei tetti (guerda cà) per curare herpes, orecchioni e combattere il malocchio. Inoltre con le dita medicinali (pollice e anulare) si raccoglievano l'elleboro nero e lo stramonio che preservavano dal malocchio e curavano l'isteria. Ed ancora: il tasso barabasso utilissimo a mitigare i dolori, la dulcamara come efficace rimedio per le malattie della pelle, l'erba morella, il terribile giusquiano veleno potente che addormenta il dolore, la belladonna utilizzata per calmare gli spasmi dei parti, mandragora e datura capaci di procurare sortilegi e deliri. Si raccoglievano pure, "battezzate" dalla rugiada, le galle (gurgali) per curare dissenterie ed emorroidi, l'assenzio (medegh) utilizzato come cardiotonico e somministrato anche ai conigli imbalonè (con il ventre gonfio), la gomma-lacca dei cigliegi per preparare olii contro i reumatismi, le bacche dell'olmo per curare tagli e ferite, i petali della rosa canina contro la tosse.

fiori-di-zuccaAltre simpatiche usanze imponevano ai mariti, in Val d'Enza, di donare alla rezdora, la notte di San Giovanni, un mazzetto di fiori di zucca imperlati di rugiada in segno di fortuna, abbondanza e, alle giovani coppie, augurio di numerosa prole. Altre tradizioni vogliono che nella notte solstiziale (nella bassa) siano strappate alcune foglie di rafano (cren). Conservate sott'olio, con l'unguento che si andava a formare, si potevano fare massaggi durante l'inverno per lenire dolori artritici. Un'altra tradizione (in uso nella pedemontana) consigliava alle ragazze da marito di mangiare, nella notte di San Giovanni, una strana insalata composta da fiori di acacia (gaggìa) e petali di rosa, il tutto condito con olio, sale e pepe: era convinzione comune che questo profumatissimo mix vegetale favorisse incontri amorosi e facilitasse la fecondità nelle spose. Per i contadini della Val d'Enza la tipica erba di San Giovanni era il ramerino di monte, il cui decotto aveva una funzione depurativa e facilitava il ciclo mestruale delle donne. Un fiore magico e fiabesco, che la gente dei monti riteneva, secondo un'antica leggenda, essere l'ombrello del folletto, è il giglio dei boschi dall'affascinante color mattone che, nella notte di San Giovanni, era convinzione dei nostri vecchi parlasse agli animali del bosco spandendo attorno a sé una luce soave.

LuccioleLa gente dei campi festeggiava San Giovanni, non solo per un fatto propiziatorio, quanto per un'esigenza purificatrice. La terra, infatti, dopo il raccolto aveva la necessità di essere purificata dalla rugiada per essere pronta a ricevere la nuova semina. Il contadino, nella sua straordinaria saggezza, sempre nel corso della magica notte di Giugno, usava interpretare il volo delle lucciole. A seconda della baluginante danza degli insetti, si tentava di indovinare l'andamento e quindi le fortune o le sfortune dell'anno agricolo affidandosi alla cabala della natura. Se le lucciole volavano rasentando i fossi si sarebbe trattato di un'estate torrida e siccitosa; in caso contrario, se volavano lambendo i rami delle siepi e delle piante e cioè si portavano verso l'alto, l'estate sarebbe stata fresca e piovosa. Un altro singolare espediente per conoscere l'andamento meteorologico si otteneva esponendo dodici fette di cipolla, corrispondenti ai 12 mesi dell'anno. Nella mattinata del 24 Giugno, le fette nelle quali la rugiada risultava più abbondante, indicavano i mesi più piovosi.

follettoIn alta Val Cedra, al confine con la Lunigiana, le comunità pastorali stanziate sull'alpe, nella notte solstiziale accendevano falò e cenavano a base di coniglio selvatico che, in occasione della rozada ad San Zvan, avrebbe avuto le carni particolarmente tenere e gustose. Addirittura a mezzanotte i rabdomanti tagliavano dai noccioli e dai salici i rami biforcuti per la loro bacchetta divinatoria, mentre medgon'ni e strii raccoglievano le erbe necessarie alla preparazione di pozioni e filtri magici. Ed inoltre, secondo un'antichissima tradizione montanara, si dice che chi rompeva un uovo nell'acqua bollente, sempre nella notte del 23 Giugno, otteneva la sagoma di una barca a vela, mentre c'era chi nascondeva uno specchietto sotto il cuscino per vedere le sembianze del diavolo che, alla mezzanotte, mostrava il suo vero volto. Collane d'aglio venivano esposte davanti alla porta di casa, mentre un'altra tradizione della bassa padana, dal reggiano al mantovano, voleva che il rezdor, munito di aglio, si aggirasse nella notte di San Giovanni per la casa e scacciasse i folletti e gli spiriti maligni che si sarebbero annidati negli angoli più reconditi delle stanze, della cantina, del solaio, della stalla e del pollaio dove la benedizione pasquale del prete non era arrrivata. Mentre in Lunigiana e Garfagnana le incursioni di streghe, streghi e folletti venivano neutralizzate, sempre con aglio e facendo bruciare falò nei campi al rintocco delle campane all'ordinotte. Fortunatissimo era considerato colui o colei che nella notte solstiziale del 23 Giugno avesse visto o incontrato un gufo (portatore di saggezza e di fortuna). Ad una sorte diversa e totalmente contraria potevano incappare coloro che avevano la sventura di avere un incontro ravvicinato con uno o più pipistrelli all'interno della casa. Immediatamente si doveva fare uscire la bestiaccia e quindi spargere sale sul pavimento sorvolato dal vampiro, quindi le massaie avevano il compito di legare agli "scuri" mazzetti di aglio allo scopo di tenere lontano l'indesiderato ospite.

Tradizioni senza senso e senza età, usanze che si sono tramandate nel tempo ma che, alla fin fine, celano delle loro verità evanescenti ed eteree come la schiuma del Lambrusco con il quale si brindava fino a che si azzurrava il cielo di questa magica notte padana.

 

Lorenzo Sartorio
"Sulla strada dei Fantasmi"
Mappa dei luoghi magici e misteriosi del Parmense e della Lunigiana


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